Il sito archeologico di Belmonte sorge non lontano dalla città di Altamura ed è situato su di un’altura a circa 4 Km sulla via vecchia per Cassano, strada di scarsa rilevanza oggigiorno; un tempo, invece, snodo essenziale all’interno di un sistema viario trasversale non lontano dalla via Appia che conduceva ad Egnatia, ossia al mare mettendo in collegamento genti lucane, peucete e messapiche.
Nel VI sec. il sito di Belmonte era completo di basilica, battistero con vasca battesimale cruciforme, necropoli e cortina muraria. La basilica era preceduta da un nartece (utilizzato dai catecumeni) ed era divisa in tre navate di cui quella era affiancata da pastophoria, ambienti simmetrici noti come diaconicon e prothesis, tipici delle basiliche paleocristiane e terminava con un’abside semicircolare.
Il rito battesimale “ad immersione”, che qui si svolgeva, iniziava con un preambolo del vescovo che impartiva istruzioni al catecumeno: questi, le vesti, scendeva nella vasca e ad ogni gradino pronunziava la triplice rinunzia al peccato; dopodiché, rivolto verso est, pronunziava l’atto di fede e mentre risaliva, passava in un nuovo ambiente per essere unto dal vescovo con olio profumato e mirra.
Altri ruderi sono invece riferibili alla presenza di una torre con funzione di richiamo: attestano l’importanza della basilica posta al centro di una fertile zona agricola popolata da villaggi ed insediamenti pastorali, attiva per tutto il VI sec. fulcro religioso di comunità confinanti tra loro e sintesi di culture differenti: latina, bizantina, longobarda.
L’interesse per il sito archeologico di Belmonte, per lungo tempo dimenticato, è legato ad un’altra iniziativa #Save Faragola: raccolta fondi da destinare alla Fondazione Apulia Felix per la rigenerazione del sito archeologico di Faragola (Ascoli Satriano – FG) danneggiato nella notte tra il 6 e il 7 settembre 2017 a causa di un incendio doloso.
La cooperazione di risorse presenti sul territorio: guide turistiche, A.B.M.C. proprietaria del luogo, Federicus festa medievale e Arché (partnership), coro Omina Musica e la stesura dei testi ad opera della professoressa Caterina Colonna testimoniano l’eredità lasciata da un dialogo multietnico.